L'inchiesta di Report sulle Coop - Dichiarazione Legacoop a Report

Genova -

Grazie Report, grazie Milena Gabanelli.

La trasmissione “Report” del 25/11/2007 si è occupata finalmente, (grazie anche alla collaborazione attiva del nostro sindacato) di cooperative sociali ed esternalizzazioni.

Ne è emerso  un quadro (noi eravamo tra i pochi evidentemente ad esserne consapevoli) piuttosto desolante, fatto di precariato, collusione politica e scarsa tutela dei lavoratori.

 

Dall’inchiesta emergevano alcune caratteristiche e specificità del settore preso in esame:

 

ü      Le cooperative sociali come longa-manus della pubblica amministrazione e della politica,

ü      La precarizzazione diffusa dei contratti di lavoro,

ü      La ricerca continua di escamotage alle norme sugli appalti, sicurezza sul lavoro, orari di lavoro ecc.

ü      La connivenza trasversale dei sindacati confederali,  delle forze politiche e delle amministrazioni

 

D’altro canto, e non avrebbe potuto essere diversamente, i casi rilevati – alcuni davvero inquietanti – e i commenti delle persone intervistate – ad iniziare dai rappresentanti delle principali Centrali Cooperative (a tale proposito, alleghiamo alla presente la dichiarazione fatta in trasmissione dal Responsabile Nazionale di LEGACOOP) hanno fatto poco o nulla per offrire un quadro alternativo della situazione. Per lo spettatore era davvero difficile pensare che quanto emerso rappresentasse solo una parte limitata del settore, una sorta di “eccezione alla regola”, come si afferma in questi casi.
La trasmissione è stata sicuramente utile per mettere al centro dell’attenzione le molte criticità che riguardano la cooperazione sociale, sempre più stretta a nostro avviso, tra la tendenza a celebrare in maniera auto-referenziale il suo successo e  la crescita del fatturato globale e l’emergere di situazioni fortemente problematiche.

Il primo nodo riguarda la regolazione dei rapporti tra le cooperative sociali e la pubblica amministrazione. Il proliferare di norme e regolamenti su appalti e convenzioni ha generato (probabilmente in modo non casuale) una situazione talmente ingarbugliata da consentire, e spesso facilitare, l’assunzione di comportamenti opportunistici e fraudolenti, sia da parte delle cooperative sociali, sia da parte degli enti pubblici e dei sindacati confederali. A fronte della  realtà precedentemente descritta, appare non più procrastinabile, nel nostro paese, la proposta di un radicale cambiamento delle regole di “governance” del settore,  a partire dalla ridefinizione degli strumenti  e dei rapporti tra i  soggetti protagonisti, della progettazione ed erogazione del  sistema di Welfare nazionale  e locale. Occorre a nostro parere, modificare profondamente i vecchi protocolli operativi, le logiche devastanti delle gare costantemente al ribasso, i falsi sistemi di accreditamento, al fine di favorire ed implementare   una legislazione che possa indurre meccanismi virtuosi , consentendo l’erogazione di servizi di qualità agli utenti, garantendo nel contempo agli operatori del terzo settore  tariffe, accreditamenti e convenzioni sostenibili economicamente, riparametrando il costo del lavoro e dei servizi a quello del settore pubblico.

Il secondo nodo consiste nella gestione del management e delle risorse umane da parte delle cooperative, da cui emerge, una  scarsa capacità di queste imprese nel dare valore ad alcuni tratti caratteristici dei loro sistemi organizzativi . Non è solo una questione di ammontare della retribuzione – questione comunque aperta e assolutamente pregnante – ma anche di mancata valorizzazione e reale difesa degli interessi professionali, contrattuali e progettuali degli associati nei confronti della committenza pubblica.

Tali elementi, anche per effetto di una vera e propria incapacità nel garantire la mutualità ,e la “Mission Aziendale”originarie, sono divenuti nel tempo criticità insanabili, favorendo sovente fenomeni di demansionamento, flessibilità, burn-out istituzionale, elevatissimo turn-over del personale impiegato,

scarse prospettive di crescita professionale, cronicizzazione e scarso ricambio del management aziendale.

L’ambigua figura del socio lavoratore, mutuata da una legislazione pasticciona, ne rappresenta un emblematico esempio.

L’impressione è che, ormai, l’adesione all’impresa cooperativa non rappresenti più una componente mutualistica e  volontaria determinata dalla ricerca costante  di quel “mix di incentivi” di natura extraeconomica tanto propagandata dalle Centrali Cooperative.

Nel migliore dei casi essere soci-lavoratori si riconduce oggi all’esercizio di un mero adempimento formale e, nel peggiore dei casi, nel subire una condizione  che accentua la precarizzazione e lo sfruttamento della forza lavoro impegnata.

Il terzo elemento di criticità è legato alle strutture di rappresentanza e coordinamento del settore. In questo ambito si segnala esclusivamente come elemento di discontinuità, da parte dei responsabili Cooperativi e dei Sindacati Concertativi, la necessità di potenziare procedure e strumenti per regolare accesso e recesso delle imprese aderenti o che intendono aderire (le cosiddette Coop Spurie).Tali logiche e pratiche di concertazione sono evidentemente insufficienti a garantire la piena applicazione dei diritti contrattuali agli occupati, infatti  il “peso dei numeri” e dei fatturati globali, per le Centrali Cooperative e loro Consorzi, rimane assolutamente rilevante, sopratutto al fine di presentare bilanci consolidati che consentano di affrontare e spesso aggiudicarsi (con il compiacimento della committenza e dei sindacati Confederali) gare anche “Europee” di assoluta rilevanza.

Pare quindi sempre più pressante la necessità di operare per una migliore qualità e trasparenza della rappresentanza, aprendo necessariamente il dialogo e la collaborazione con le OO.SS., anche quelle appartenenti al sindacalismo di base, (peraltro le sole che hanno mantenuto posizioni di lotta coerenti nei confronti degli occupati nel settore, senza badare alla componente ed al colore delle diverse controparti).

Codici etici, carte dei valori, sistemi di governance più efficienti (con, ad esempio, strutture interne che monitorano l’adesione e il rispetto delle regole anche giuslavoristiche), potenziamento dei sistemi di revisione, modifiche radicali alla normativa sul Socio-lavoratore, rappresentano altrettanti fronti su cui agire. Ma il “governo” di una crescita sempre più intensa del settore è affidato anche a agli enti pubblici e alla pratica sindacale diffusa e partecipata. Il potenziamento degli albi regionali della cooperazione sociale potrebbe rappresentare un buon banco di prova in tal senso, trasformando questi ultimi da meri elenchi compilativi – laddove esistono - a strumenti per un primo “accreditamento” del settore nei mercati pubblici, chiaramente attraverso il continuo dialogo e confronto in itinere con tutte le OO.SS.

 

 

Link al testo integrale della Trasmissione Report “Gli Appaltati”:

www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243^1075694,00.html

 

 

Federazione Ligure RdB/CUB

Cooperative Sociali e Terzo-Settore

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Estratto dalla trasmissione di Rai 3 Report  del 25/11/2007 dal titolo “Gli appaltati”

 

 

FRANCO TUMINO – PRES. NAZIONALE COOP. SERVIZI – LEGACOOP:


“Facciamo un esempio: se una cooperativa ritiene necessario per espandersi ed essere più competitiva sul mercato comprare un’azienda privata perché questo gli fa aumentare il fatturato la fa entrare in un mercato in cui in quel momento non è presente ecc. per la teoria cooperativa dovrebbe svolgere una larga informazione a tutti i soci, ma se lo fa probabilmente l’affare sfuma non so se mi spiego...Quindi noi molto spesso, lo diciamo noi per primi, abbiamo la figura di un Presidente che in realtà decide tutto lui perché ha tali qualità rispetto alle qualità medie dei soci che poi alla fine i soci accettano passivamente, si fidano ……

 

 

A BUON INTEDITORE POCHE PAROLE………..