Con la manovra inizia la deportazione dei pubblici dipendenti
Tra i tanti provvedimenti di attacco al lavoro pubblico contenuti nella manovra, rischia di passare quasi inosservato quello relativo alla previsione di mobilità disposta dall’Amministrazione all’interno della stessa regione o fuori dalla regione per i dipendenti del Ministero degli Interni.
“Attuabili d’ufficio i trasferimenti all’interno della stessa regione” recita il titolo di un articolo apparso sul “Sole 24 Ore” del 29 agosto. L’art.1 comma 39 della manovra rafforza infatti i poteri della dirigenza nel caso di trasferimenti legati ad esigenze organizzative, tecniche e produttive dell’Amministrazione.
Questo significa che nel caso in cui questa norma non venisse abrogata al momento della trasformazione del decreto in legge, qualsiasi dipendente pubblico può, sulla base di una sola informativa data alle organizzazioni sindacali, essere trasferito in altra sede nell’ambito della stessa regione-o nell’ambito nazionale per quanto riguarda i lavoratori del Ministero degli Interni - sulla base delle necessità delle singole Amministrazioni, necessità legate anche al raggiungimento della performance imposto dal decreto Brunetta.
E’ facile capire l’impatto che questo produce: il continuo taglio degli organici-è previsto un ulteriore taglio del 10% della spesa relativa agli organici-il blocco del turn-over a fronte di un aumento dei carichi di lavoro-stanno creando nelle Amministrazioni delle carenze spaventose che a questo punto possono essere non certo risolte, ma solo tamponate, attraverso la mobilità coatta dei lavoratori che come pacchi postali vengono spediti da una sede all’altra per ovviare ad esigenze organizzative tecniche e produttive che non sarà particolarmente difficile dimostrare, anzi…
La norma è immediatamente utilizzabile dalle Amministrazioni che hanno sedi diverse nella stessa regione, che da subito potranno avere carta bianca nello spostare i lavoratori: basterà una semplice informativa alle OO.SS. dopo aver fissato di criteri preventivi–non si parla più di contrattazione con i sindacati sulla base delle previsioni del decreto Brunetta che relega alla sola informativa tutta la materia relativa all’organizzazione del lavoro-stravolgendo la vita di migliaia di lavoratori.
Nessuno si illuda di essere di fronte ad una previsione che non verrà mai attuata: la situazione generale legata ai tagli di organico, alla soppressione di enti e di interi pezzi delle pubbliche amministrazioni, insieme alla consapevolezza che dopo il decreto Brunetta nulla è più come prima, rendono concreta la visione di pubblici dipendenti costretti con la valigia in mano a spostarsi da una città all’altra per tamponare le inevitabili esigenze organizzative di una P.A. investita da una riforma tutta orientata sui tagli e non sugli investimenti.
A farne le spese saranno ancora una volta i dipendenti pubblici, continuo bersaglio su cui sparare come dimostrano anche gli accordi PDL Lega dell’ultima ora in tema di sistema previdenziale che mirano ad eliminare la metà delle pensioni di anzianità, cioè quelle derivanti da riscatto militare ed università.
E’ finito il tempo “dell’indignazione” o del “borbottio”: per fermare il massacro del pubblico impiego in atto, serve una reazione forte e determinata dei dipendenti pubblici.
Un’altra valida ragione per aderire allo SCIOPERO GENERALE DEL 6 SETTEMBRE indetto dalla USB contro la manovra.