Città Metropolitana di Genova, basta “malessere organizzativo” e stress lavoro correlato

Genova -

Stress lavoro correlato, mobbing, violenza psicologica sul luogo di lavoro, molestie, carenza di “benessere organizzativo”…. Fioccano tanti concetti e termini diversi per dire una sola cosa: può succedere che sul posto di lavoro si stia male, molto male, a causa di condizioni psicologicamente stressanti.

E allora assistiamo nei decenni alla nascita di normative (es. D. Lgs 81/2008, art. 28), comitati (primo tra tutti il Comitato Unico di Garanzia), linee guida (vedi INAIL), gruppi di studio, specifiche figure professionali (psicologi del lavoro), ecc... che ruotano intorno allo stress lavoro-correlato.

Soggetti di ogni tipo, pubblici e privati (che magari ci lucrano!), istituzionali e non, producono centinaia di documenti, pagine e pagine di questionari, schemi, matrici e tabelle e si sperticano in raccomandazioni e metodologie per identificarne e rimuoverne le cause.

Ma nei luoghi di lavoro delle pubbliche amministrazioni si continua a stare male.

Perché questo fenomeno è in così preoccupante aumento? Perché sempre più lavoratori e lavoratrici si rivolgo a noi, sottoponendoci problemi di questo tipo?

Qui si arriva al punto centrale: lo stress lavoro correlato ha cause strutturali.

Il modello lavorativo nella Pubblica Amministrazione è ormai sempre più aziendalista, basato sull’individualismo e sulla competitività. Da anni non c’è un Contratto Collettivo Nazionale nel Pubblico Impiego che non si basi su meritocrazia e “pagelline”.

Inoltre, la cronica carenza di personale nel martoriato pubblico impiego, determina l’aumento dei carichi di lavoro, substrato ideale per qualsiasi forma di diesagio.

Proprio perché le cause del malessere sul posto di lavoro sono sistemiche e strutturali, ogni episodio subito dal singolo lavoratore non può e non deve essere vissuto e affrontato solo a livello individuale.

A di là dell’urgenza di risolvere il problema specifico (urgenza che indubbiamente esiste), la risposta di lavoratori e lavoratrici non può che essere collettiva, perché riguarda la necessaria e generale tutela di tutti.

La normativa italiana prevede alcuni strumenti che possono essere utilizzati per contrastare lo stress lavoro correlato.

Se in un settore c’è un elevato numero di lavoratori che chiedono il trasferimento, si ammalano di più, manifestano malumori attraverso lamentele più o meno formalizzate e aumentano degli infortuni, significa che in quel settore (ufficio, dipartimento, intera amministrazione) c’è un problema.

  • gli RLS, cioè i rappresentanti del lavoratori per la sicurezza nei posti di lavoro, possono accogliere le eventuali segnalazioni dei lavoratori, anche in casi di malessere in tutte le sue accezioni (violenze, molestie e mobbing compresi), ma poi cosa possono concretamente fare? Non molto, senza una formazione specifica e nessun concreto supporto.

  • i CUG (Comitati Unici di Garanzia) dovrebbero prevenire o rimuovere situazioni di discriminazione o violenze sessuali, morali o psicologiche. Si possono invece verificare casi in cui è addirittura controproducente che un lavoratore o una lavoratrice si rivolga ad un CUG. Il motivo? Semplice: il CUG è costituto buona parte da figure datoriali, e le amministrazioni non ammettono i propri errori.

  • In attuazione dell’art. 28 del D.Lgs. 81/2008, L’INAIL ha pubblicato un manuale di metodologia per la valutazione delle percezioni dei lavoratori attraverso questionari, focus group, interviste semistrutturate. Ma molto di rado vediamo queste indagini attuate dalle amministrazioni.

  • Le amministrazioni possono fare riferimento al codice di comportamento, che richiama agli obblighi di mantenere una condotta adeguata a principi di correttezza ed astenersi da comportamenti lesivi della dignità della persona, per prevenire che alcune situazioni degenerino in condotte vessatorie.

  • il ricorso al medico competente, a cui un lavoratore si può rivolgere per segnalare un peggioramento del suo stato di salute legato allo stress sul lavoro, è un altro strumento a disposizione, ma anche qui è bene ricordare che questa figura è di parte datoriale.

Un primo passo per affrontare collettivamente il problema consiste nel pretendere l’applicazione di questi strumenti, anche se siamo consapevoli che sono insufficienti e di parte (cioè in mano alle amministrazioni). La sfida sta nel trasformarli in mezzi di rivendicazione e lotta collettivi per diritti e dignità, ed una migliore condizione lavorativa.

L’USB chiederà pertanto che l’amministrazione ottemperi agli obblighi di legge ed invita gli interessati a contattarci, scrivendo a liguria.pubblicoimpiego@usb.it. Sarete ricontattati, garantendo riservatezza.

USB P.I. Città Metropolitana di Genova

12-2-2023